top of page

CONTRATTI DI LOCAZIONE 

Quando l’inquilino non paga l’affitto

In un periodo di difficoltà economica come quello che stiamo vivendo, capita sempre più spesso ai proprietari di immobili che gli inquilini non corrispondano i canoni di locazione. Tuttavia la situazione economica è critica anche per alcuni di questi proprietari che, dopo una serie di sacrifici hanno scelto di investire su una seconda casa per avere una piccola rendita, per loro stessi o per i propri cari. In questi casi quindi, ove non si riesca a giungere a un accordo con l’inquilino, si rivela necessario arrivare a una convalida di sfratto.

Nel caso in cui non si riesca a trovare un accordo diretto, e nel caso le lettere di sollecito pagamento non abbiano sortito alcun effetto, il proprietario può rivolgersi al tribunale e chiedere al giudice una convalida di sfratto per morosità, che impone all’inquilino di lasciare i locali per cui non sta pagando i canoni.

L’iter di tale procedura molto spesso può essere ostacolato da lunghe tempistiche burocratiche.

Una volta attivato lo sfratto per morosità infatti, il giudice può concedere un termine, detto termine di grazia, all’inquilino, per sanare la morosità. Il termine di grazia può arrivare anche a tre mesi e può essere concesso qualora ci sia una dimostrazione dell’inquilino di incapacità temporanea di far fronte al pagamento dei canoni.

Nel caso in cui l’inquilino non abbia adempiuto (anche allo scadere del termine di grazia) al pagamento, il giudice convalida lo sfratto per morosità e concede un termine per il rilascio. Da quel momento può passare anche un anno per l’effettiva realizzazione della procedura esecutiva.

Cosa si può fare per evitare che le tempistiche siano troppo lunghe?

Per avere una maggior tutela, è bene che il proprietario si rivolga a un legale non appena sa di essere in una situazione di rischio. La procedura di convalida dello sfratto è attivabile a partire dalle due mensilità di canoni arretrati; si consiglia quindi di non aspettare troppo tempo per evitare il rischio che i canoni accumulati, oramai troppo ingenti, non vengano più corrisposti in toto.

Va ricordato che anche durante il periodo in cui i canoni non vengono percepiti, questi debbano essere comunque inseriti nella dichiarazione dei redditi. Nel momento in cui la sentenza diventa definitiva, il proprietario può smettere di dichiarare questi canoni non percepiti e potrà recuperare le dichiarazioni presentate negli ultimi dieci anni verificando se ha pagato tasse maggiori a fronte di canoni non ricevuti; potrà eventualmente richiedere che tale differenza venga restituita attraverso una riduzione delle tasse successive.

Avvocato Marica Pesci

Piazza Giacomo Matteotti,

6/A, 20063 Cernusco sul Naviglio (MI)

02 92107933

bottom of page